Se ne facciano una ragione i puristi della lingua italiana: a suggellare il valore del neologismo “apericena” sono intervenuti anche gli autorevoli estensori della Treccani e pure l’Accademia della Crusca. La moda che si diffuse nei primi anni Duemila e che prevede di rendere più sostanzioso il momento conviviale dell’aperitivo, ha una definizione solenne. E i motivi sono altrettanto sostanziosi. L’apericena è un momento di condivisione allegra e informale di bevande e cibi gustosi a misura di bocca, occasione per provare piatti e accostamenti audaci.
Trieste non si sottrae certo a questa tendenza e, anzi, con lo sviluppo del turismo, l’affinarsi dei palati e la nascita di nuovi luoghi trendy in diverse zone della città ha saputo cavalcare la moda e sublimare la pausa prima della cena grazie anche a prodotti di grande qualità molti dei quali provenienti dall’entroterra triestino. Il Carso è infatti la migliore fucina di salumi, formaggi e vini per aperitivi très chic. In alcuni, la qualità della materia prima è garantita, come nel caso di due storici locali triestini, il Bar X di via Coroneo e il Caffè Vatta di Opicina il cui territorio di riferimento e rifornimento è, appunto, il Carso. Un calice di vino al Vatta non è solo un bianco o un rosso… il bianco potrà essere una bollicina di Kante, una profumata Vitovska di Zidarich summa dei saperi cumulati in anni di fatiche e sperimentazioni dai migliori produttori del Carso o, per gli amanti dell’“esotico”, un prestigioso Champagne francese. Il rosso, al Caffè Vatta che vanta ben 300 etichette, potrebbe essere un Terrano (non così modaiolo ma, ricordiamolo, “sprizzato” è davvero il più dissetante degli aperitivi grazie al suo elevato contenuto di Sali minerali)
di Skerk o un bel piemontese. Il tutto accompagnato da tiepide focacce fatte con lievito madre e farcite con lardo o ricotta salata, salumi carsolini e formaggi a chilometro zero. Per abbinamenti più arditi con bianchi secchi, lo chef Gianluca (ex ristorante Valeria di Opicina), propone addirittura gamberoni crudi e il famoso gelato di Laura.

Una tappa da non saltare per l’aperitivo triestino è di certo il Malabar di piazza San Giovanni, incrocio di intrighi e affari di molti gialli dello scrittore Veit Heinichen. Qui l’offerta è decisamente puntata sulle etichette più prestigiose, locali ma non solo. Austriaci e tedeschi, oltre a molti intenditori locali, sono i clienti più affezionati anche se, assicurano i giovani titolari che hanno da poco rilevato il locale, non c’è un vino preferito tra i molti rossi e bianchi a disposizione per la mescita. Anche qui, non le solite patatine ma olive e salumi locali perché, si sa, a stomaco vuoto non si beve. Punto di forza del locale, l’apertura: 365 giorni all’anno!


Il bianco potrà essere una bollicina di Kante, una profumata Vitovska di Zidarich summa dei saperi cumulati in anni di fatiche e sperimentazioni dai migliori produttori del Carso.

Un’altra istituzione in termini di aperitivi a Trieste è l’enoteca Nanut di via Genova il cui omonimo patron, da anni, ricerca le migliori etichette per soddisfare i più selettivi amanti del buon bere, rivolgendosi a un mercato internazionale come la sua clientela. Con la vasta scelta a disposizione da Nanut sarebbe banale ordinare un semplice spritz, visto che il locale si definisce fieramente snob. E quindi, se bollicine devono essere, meglio ordinare uno degli Champagne tra i tanti a disposizione e fermarsi a cena, visto che le portate vengono mediamente abbinate a tre o quattro vini diversi.
Ostinatamente rustica, invece, l’enoteca di via Annunziata, al centro della movida triestina. Si chiama proprio così, “La Cantina degli ostinati”, e offre una vasta selezione di vini con interessanti incursioni negli artigianali naturali, creati con passione da artisti della vinificazione locali e nazionali. Ad accompagnarli, taglieri di formaggi e salumi, tartare, tartine di carne e pesce, marinati di pesce, pizze e irresistibili torte salate.