
L’orizzonte al tramonto dietro il sipario del teatro romano resta nell’immaginazione degli spettatori che migliaia di anni fa assistevano agli spettacoli all’ombra del colle di San Giusto. È qui che inizia la storia dei palcoscenici triestini, nell’omonima via di un teatro avo illustre di una tradizione che a Trieste è di casa fin dall’antichità. L’arte del recitato si fa largo dentro ad una sceneggiatura che illumina le quinte del suo luogo per eccellenza. Dove oggi restano i segni visibili di una opera monumentale, al tempo degli imperatori gli abitanti della Tergeste romana già familiarizzavano con le rappresentazioni artistiche. Uno spazio che durante il medioevo venne saccheggiato, abbandonato ed invaso dalle abitazioni di fortuna degli stessi triestini. Quel teatro diede il nome ad un rione popolare di cui oggi, dopo le demolizioni attuate durante il Ventennio, non rimane che la memoria: Rena vecia. Ma fu proprio il regime guidato da Benito Mussolini, in quell’anacronistico tentativo di equiparare l’Italia in camicia nera a quella latina, a riscoprire il teatro romano e a ripulirlo, per riconsegnarlo nuovamente alla città.
I teatri triestini sono sparsi tra il centro storico e le sue immediate periferie. Tra l’antica arte della commedia, il classico dell’opera e le nuove sperimentazioni narrative, gli spettacoli in questa città accompagnano e segnano le diverse epoche. Se il medioevo è povero di rappresentazioni teatrali –almeno qui a Trieste– con l’espansione ed il suo sviluppo nell’era moderna, questo luogo attira attenzioni ed interessi anche di stampo culturale. Alla fine del Settecento viene costruito il teatro che oggi è intitolato a Giuseppe Verdi. È il 21 aprile 1801 e il pubblico assiste al primo spettacolo in assoluto. Ginevra di Scozia, di Simon Mayr, va in scena con Teresa Bertinotti, Luigi Marchesi e Giacomo David. Con quella facciata identica alla Scala di Milano e realizzata da Matteo Pertsch, allievo di quel Giuseppe Piermarini, progettista proprio del teatro milanese, il Verdi è stato il primo teatro al mondo ad essere intitolato al grande compositore e senatore parmense.
Tra l’antica arte della commedia, il classico dell’opera e le nuove sperimentazioni narrative, gli spettacoli a Trieste accompagnano e segnano le diverse epoche.
La decisione venne presa il 27 gennaio 1901, giorno della sua morte, da un Consiglio comunale convocato d’urgenza e capace di prendere la palla al balzo nell’irredentismo militante. A qualche chilometro da Trieste, nella cittadina di Muggia, esiste un altro teatro Verdi passato alla storia il 16 novembre del 1991 per aver ospitato il concerto dei Nirvana.
I primati passati, anche in termini di teatri, sembrano essere di casa qui sul confine. Il futurismo italiano, slancio e anticamera di quella “Guerra sola igiene del mondo”, tenne proprio qui la sua prima. Il 12 gennaio 1910 Filippo Tommaso Marinetti e Aldo Palazzeschi salirono sul palco del teatro intitolato a Domenico Rossetti per una serata che inaugurava una stagione artistica ed espressiva del tutto nuova. Il teatro triestino è una storia di grandi narrazioni che riflettono anche le mille anime che compongono questa città. Il primo teatro in lingua slovena viene realizzato all’interno dell’edificio del Narodni Dom di via Filzi, edificio dato alle fiamme dagli squadristi fascisti nel 1920. Complice le persecuzioni che la comunità slovena di Trieste subisce durante quel periodo, il teatro nella lingua di Prešeren scompare per risorgere negli anni Sessanta, con la costruzione del teatro stabile sloveno di via Petronio. A qualche decina di metri e solo qualche anno più tardi, per iniziativa di Ariella Reggio e Orazio Bobbio, in via Pellico nasce la Contrada, teatro stabile di Trieste.
Le compagnie teatrali non solo esclusiva dei grandi teatri cittadini, bensì anche della parlata locale.
I teatri a Trieste parlano lingue diverse, non solo nelle rispettive cifre artistiche, ma soprattutto nella loro particolare espressività. Le compagnie teatrali non solo esclusiva dei grandi teatri cittadini, bensì anche della parlata locale. Esiste un teatro dialettale fiorente, che raccoglie l’esperienza e la tradizione de L’Armonia. Le forme aggregative nascono anche nei teatri rionali. È il caso del piccolo teatro dell’oratorio Pio XII, nel quartiere di San Giovanni. Lì, nell’ultimo periodo hanno trovato spazio gli spettacoli della neonata compagnia teatrale, la Trieste Musical Company, ennesima conferma dello stato di salute della creatività triestina. Qualche anno fa, infine, una combriccola di amici e di amanti del teatro aveva messo gli occhi su una vecchia officina abbandonata a sé stessa. L’idea? Quella di farlo diventare uno spazio artistico del tutto nuovo. Dopo varie trattative e l’individuazione di un finanziatore privato, l’Hangar Teatri prese vita. La gente non ci arriva in carrozza, però l’augurio è lo stesso di sempre.