
La sera passando per Piazza Unità tutti le guardano e si domandano cosa siano queste luci blu che illuminano per metà il grande spazio aperto sul mare. Molti propendono per un semplice effetto decorativo. Ma non è così. Qui passa un pezzo della lunga relazione che Trieste ha da sempre intessuto col suo golfo: le luci blu indicano l’area dell’antico mandracchio medievale della città. Un porticciolo, più che una vera infrastruttura portuale, risalente al tempo in cui il piccolo abitato doveva sopportare malvolentieri l’attenzione di Venezia affinché questo lembo di terra appartenente all’Impero non pensasse di darsi ai commerci adriatici, appannaggio della sola Serenissima.
Quando invece Trieste comincerà ancora timidamente ad aprirsi ai traffici mercantili verrà costruito il primo molo che ancora oggi si protende davanti a Piazza Unità. L’attuale Molo Audace, nome che ricorda l’approdo del cacciatorpediniere Audace della Marina italiana il 3 novembre 1918, nasce sul relitto della nave San Carlo, lì affondata nel 1740. Il primo molo era decisamente più piccolo dell’odierno, sia in larghezza che in lunghezza ed era collegato alla riva da una passerella in legno. Con il passare del tempo e il mutare delle esigenze di ormeggio il molo venne progressivamente ampliato fino a raggiungere nel 1861 gli attuali 246 metri, che ne fanno la passeggiata più amata dai triestini e dai turisti. Celebrato nella poesia “Il molo” da Umberto Saba, il quale lo definisce il luogo “più caro e fido”, il molo Audace conserva ancora al suo interno i resti della San Carlo, un vascello di terza classe costruito in Inghilterra nel 1695 che poteva contare sulla potenza di ottanta cannoni governati da cinquecento uomini di equipaggio stipati nei soli quarantotto metri di lunghezza dello scafo.
L’avanzamento delle rive di Trieste verso il mare è stato progressivo nel corso dei secoli, basti pensare che la linea naturale della costa in epoca romana lambiva l’odierno Teatro romano, famoso nel I secolo d.C. per le naumachie, le battaglie marine, che venivano messe in scena direttamente nei bassi fondali appena fuori dalla struttura. Vari rinvenimenti archeologici che possono rifarsi al sistema portuale dell’antica Tergeste romana o alle strade litoranee si ritrovano in diversi negozi e hotel della zona di Cavana. Basta aguzzare la vista quando si vedono le botole di vetro sul pavimento.
Il teatro romano fino al 1937 era coperto dalle case del ghetto ebraico, che vennero demolite per riportare alla luce i resti della città romana.
rso il mare è stato progressivo nel corso dei secoli, basti pensare che la linea naturale della costa in epoca romana lambiva l’odierno Teatro romano, famoso nel I secolo d.C. per le naumachie, le battaglie marine, che venivano messe in scena direttamente nei bassi fondali appena fuori dalla struttura. Vari rinvenimenti archeologici che possono rifarsi al sistema portuale dell’antica Tergeste romana o alle strade litoranee si ritrovano in diversi negozi e hotel della zona di Cavana. Basta aguzzare la vista quando si vedono le botole di vetro sul pavimento.
Anche lo stesso teatro fino al 1937 era coperto dalle case del ghetto ebraico (tra cui quella dove nacque Umberto Saba), che vennero demolite per riportare alla luce i resti della città romana – e pertanto italiana – tanto strenuamente ricercata dagli scavi di epoca fascista.
Per vedere la decorazione scultorea del teatro e osservare una documentazione degli scavi merita fare una visita al Lapidario tergestino, la sezione dedicata all’arte monumentale romana all’interno del Castello di San Giusto. Qui la storia dell’urbanistica e dell’architettura dell’antica Tergeste viene spiegata in maniera chiara e aggiornata facendo scoprire ciò che stava o sta ancora sotto la Trieste di oggi. Passando al vicino Museo Winckelmann sarà possibile passare attraverso un breve cunicolo che porta sotto il sagrato della Cattedrale di San Giusto per visitare ciò che rimane della scalinata e dell’ala sinistra del propileo, la cui ala destra è invece visibile all’interno del campanile. La pietra bianca d’Istria che è stata posizionata davanti all’ingresso della chiesa ricorda ciò che si vede sotto terra.
Ulteriori scavi punteggiano la Cittavecchia quasi a macchia di leopardo: un pezzo dell’Arco di Riccardo e una porzione di strada sono visibili all’interno del ristorante omonimo; un segmento dei terrazzamenti che caratterizzavano la salita al colle è invece stata messa in luce in Via Donota quasi all’angolo con Via delle Monache; un frantoio per la produzione dell’olio è stato lasciato tra Via dei Capitelli e Androna dell’Olio e poco più in alto la Soprintendenza continua con le esplorazioni per intercettare quello che potrebbe essere il foro “a mare” tergestino.
Più fruibili nonostante gli orari ridotti di accesso sono l’Antiquarium di Via Donota e la Basilica della Madonna del Mare. Il primo racchiude un piccolo cimitero intercettato scavando all’interno di un piccolo pezzo delle mura medievali. Qui sono state rinvenute una serie di tombe, tra cui diverse risultano essere di bambini che sono stati tumulati all’interno di anfore per preservare il più possibile l’integrità del corpo. La basilica paleocristiana di Via Madonna del Mare era stata realizzata al di fuori delle mura di cinta. La tradizione vuole che qui possa essere stato sepolto il corpo di San Giusto, poi traslato nella cattedrale. I mosaici del pavimento ricordano quelli di Aquileia e soprattutto di Grado, ma non è facile poter godere di uno sguardo d’insieme a causa della limitata altezza dello spazio di visita. Le tessere bianche, rosse e nere si intrecciano in forme geometriche che creano cornici ed elementi decorativi tra i quali il più bello è senza dubbio l’onda sottomarina. Sembra di poter sentire anche nel sottosuolo la presenza dello sciabordio del mare che si trovava a pochi passi da questo antico luogo di culto.
Le scoperte della Trieste nascosta, quella che sta sotto le strade e i palazzi, ma anche sotto il nostro naso, sono affascinanti e svelano la storia più antica di questa città che per molti si limita al cliché dell’elegante e vibrante porto austriaco.