Lodovica Fusco, Collanevrosi

Opere d’arte da infilare al dito o da portare al collo e alle orecchie. I gioielli artigianali sono molto di più di un accessorio: sono dialogo, personalità, amore e bellezza. Anche Trieste pullula di piccoli laboratori in cui si sfugge dalle regole del tempo della vita moderna: vi presentiamo i nomi e i luoghi da non perdere per chi è a caccia di qualcosa di unico.
Se vi trovate nelle vicinanze di piazza Unità non potete lasciarvi scappare la gioielleria Crevatin, un piccolo scrigno dove scovare preziosità ‘made in Trieste’. L’attività è stata aperta nel 1968 da Aldo Crevatin e da oltre mezzo secolo porta avanti la cultura dei preziosi. Oggi, grazie all’intraprendenza della figlia Francesca, è un luogo che custodisce, oltre ai gioielli tradizionali, la raffinatezza e l’unicità di quelli artigianali.
“Ogni creazione è connessa all’identità dell’artigiano che le realizza e per questo va raccontata –spiega la titolare–. Il gioiello non è più un oggetto di lusso che passa per il binomio oro o argento: è design e fantasia. Sono costruzioni e atti creativi, e la loro peculiarità è che non esistono due pezzi esattamente uguali”. Nelle incantevoli vetrine di piazza Cavana 7/a, potrete trovare ben quattro firme triestine: Collanevrosi, Valentina Chirsich, Maison Dressage e Silvia Rossi.


Anche Trieste pullula di piccoli laboratori in cui si sfugge dalle regole del tempo della vita moderna.

Chi cerca la poesia, non potrà fare a meno di Collanevrosi (collanevrosi.it o nel suo atelier “Combiné”, piazza del Barbacan 4/b). Lodovica Fusco crea meraviglie in argento, ottone e bagni dorati attraverso l’antica tecnica della fusione a cera persa e le classiche tecniche orafe. Per i suoi lavori si ispira alla potenza dei ricordi e dei sogni, da cui nascono collezioni da favola come ‘Falbalas et Fanfreluches’ e ‘Memorie’. Eleganti e personalizzabili, i gioielli di Valentina Chirsich (@chirsich.jewelry) sono il risultato di un accurato lavoro artigianale le cui fasi possono essere seguite sul suo canale Instagram. Ogni monile è realizzato a mano con la tecnica della cera persa e i materiali prediletti sono l’oro e l’argento, combinati con pietre dure, preziose e diamanti. La sua firma? Le irresistibili bollicine.
“Fierce design” è l’accattivante slogan delle creazioni di Maison Dressage (@maisondressage). Rossella Mancini e Matteo Dazzo creano accessori in pelle a concia vegetale accostata a legno di noce, ottone grezzo o frange in viscosa e seta, ideali per una donna forte e sicura. Immancabile una visita nel loro atelier in via Donota 36/c. Se invece state cercando qualcosa di moderno ma dall’essenza antica, Silvia Rossi è il nome che fa per voi. Istinto e talento si fondono in una catarsi di geometrie e colori che prendono vita attraverso sculture in cristallo acrilico da indossare al collo e ai lobi. Garantiti punti luce strategici e originali outfit.
Un altro luogo da non perdere –questa volta online– è Giada, una vera e propria galleria virtuale gestita dalla curatrice di gioielli Silvia Vatta (www.giadatrieste.com). Nata come curatrice d’arte e organizzatrice di mostre, Silvia ha deciso di trasferire la sua esperienza nel mondo del gioiello sperimentale: “C’è voglia di distinguersi. Il gioiello non è più necessariamente legato ai materiali preziosi, ma ad una ricerca di design e concetto. Il risultato è una storia che va raccontata”. Tra gli undici designer presenti sul sito accuratamente selezionati tra fiere e web, c’è anche la triestina Ines Paola Fontana (@inespaolafontanajewelry). “Ines è capace di vedere la bellezza anche negli oggetti di uso comune”, spiega Silvia. Le sue creazioni sono infatti realizzate con materiali di recupero: colorate paillettes danno vita a collane mentre cravatte vintage vengono trasformate in originali gemelli. Unici anche i suoi gioielli in cristalli di Boemia vintage, brillanti accessori che seguono linee del passato.
Per finire vi segnaliamo altri due nomi local i cui lavori non passano di certo inosservati. Santa Caterina (@santacaterina_collection) è un frizzante brand nato dall’unione dei nomi delle ideatrici, Santa Di Rosa e Caterina Massara. Per i loro manufatti utilizzano materiali naturali e di riciclo, “così i giornali non servono solo per rivestire i cassetti, ma si trasformano in spille e perle; i fili elettrici diventano collane, mentre i vetri levigati dal mare arricchiscono le creazioni”. Margherita Chinchio (@margherita_chinchio) crea invece universi non convenzionali. Dopo gli studi di Scenografia e Costume all’Accademia di Venezia, ha deciso di dedicarsi interamente al gioiello: “Sono sempre stata affascinata dai dettagli, ma quello che ricerco in loro è la potenza degli oggetti di scena”. Ispirata dalla stessa materia, i pezzi delle sue collezioni passano dalle linee geometriche degli ear cuff ‘Satelliti’ agli anelli “irregolari, casuali e organici” in alluminio di ‘Lava’. Non vi resta che trovare il vostro gioiello artigianale: una volta indossato non ne potrete fare a meno. Ed è un po’ quel che succede a chi scopre Trieste.