Italiano, tedesco, sloveno, croato, serbo, ungherese, greco, ebraico. Queste sono le lingue nelle quali è stata tradotta la frase “Maria Theresia (1717-1780) sovrana d’Austria, promotrice della Trieste moderna e cosmopolita. In ricordo” che campeggia in una piccola iscrizione del 1992 sul palazzo all’angolo tra Via Rossini e Via Filzi, in quell’epicentro plurilinguistico che è il Canal grande. Non bastassero infatti le lingue ufficiali appena citate ci verrebbero in soccorso i nomi dei palazzi, che recuperano i cognomi dei primi proprietari. Da Carciotti (greco) ai Gopcevich (serbi), passando per i veneti Biasoletto, gli austriaci Hierschel, ma pure gli svizzeri francesi Genel. E se ancora non fosse sufficiente sul Ponterosso c’è la statua di James Joyce, che in questo crogiolo di razze e lingue trovò la sua dimensione umana e artistica più confacente, andando a scrivere in una lettera alla moglie Nora “La mia anima è a Trieste” (1909).