Li hanno guardati con scetticismo, considerandoli una moda di passaggio lontana dalla “nobiltà” del mondo del vino “vero”. Fino a vent’anni fa erano praticamente sconosciuti. Oggi i vini macerati sono presenti nei migliori wine bar e nei ristoranti più importanti al mondo. E sono qui per restare. Vini strutturati e complessi, fuori dagli schemi, fantastici negli abbinamenti in cucina.
Non è infatti un caso che a meno di due ore di macchina il pluripremiato Hiša Franko –2 stelle Michelin, 50 Best, Chefs Table– da anni rappresenti un tempio del vino naturale, con grande focus sui macerati grazie alla guida esperta di Valter Kramar.
La tecnica di vinificazione è antica quanto il vino e ha origine in Georgia (con tracce risalenti al 6000 a.c.) dove si utilizzano ancora i tradizionali “kvevri”, anfore in terracotta interrate in cui l’uva rimane a macerare sulle bucce. È a Oslavia, nel Collio, che questa tecnica viene ripresa grazie a maestri come Joško Gravner e Stanko Radikon.
Gravner nel 1997 lo diedero per impazzito. Via barrique, via qualsiasi vitigno internazionale, abbandono degli schemi dell’enologia classica moderna. Follia, anticamera del genio. E i geni si sa, spesso incompresi all’inizio sono osannati poi. Osanna il regno di Gravner, fa partire un movimento che trasforma Collio, Carso,  Slovenia e Istria in fulcro rivoluzionario. A Gravner si affianca Radikon in una visione pionieristica seguita da decine di cantine del territorio.
Ma in buona sostanza, cos’è? Il vino macerato si ottiene da uve bianche lavorandolo come fosse un rosso: la macerazione sulle bucce (da poche ore a mesi interi) permette di estrarre colore, tannini, complessità, sapori. È una rivoluzione che trova il suo miglior alleato nel vino naturale perché proprio la macerazione permette di minimizzare gli interventi in cantina.


Oggi i vini macerati sono presenti nei migliori wine bar e nei ristoranti più importanti al mondo.

Trieste da tempo ha iniziato ad amarli e a proporli, e il nostro Carso vanta eccellenti produttori come Zidarich, Škerk, Skerlj e Vodopivec. Per entrare in questo mondo vi consigliamo La Bottiglia Volante di P.za Sant’Antonio, il Mood nel ghetto ebraico, Mimì e Cocotte in via Cadorna, il panificio artigianale Pagna in Via Muratti o l’enoteca Tutt* di Via dell’Annunziata. Se ciò non bastasse, il 21 e 22 Maggio al Castello di San Giusto si terrà Amber Wine Festival, che permetterà l’assaggio di alcuni tra i migliori macerati in una location mozzafiato.
In abbinamento sono perfetti con formaggi stagionati, piatti di pesce più strutturati, fritti, carni bianche, agnello, verdure saporite e piatti speziati. Vi proponiamo una ricetta di stagione un pò “selvatica”. Un piatto vegetale con una complessità aromatica che si sposa perfettamente con un macerato strutturato come la Malvasia di Skerlj. Se non siete appassionati di foraging non preoccupatevi: troverete mazzetti di erbe spontanee pronti all’uso nei mercati e nelle botteghe. Cercate (tranquilli, non tutte assieme) ortica, tarassaco, silene, aglio orsino, luppolo, papavero, malva, borragine o cicoria selvatica.

LA RICETTA

Pasta al pesto di erbe selvatiche

400g di pasta corta
1 spicchio d’aglio piccolo
1 mazzo di erbe spontanee miste
1 mazzo di rucola
20g di pinoli
40g di nocciole (idealmente tonda gentile)
40g di anacardi
100ml di olio extravergine di buona qualità
scorza di 1 limone
50g di parmigiano reggiano
50g di pecorino
sale, pepe

Sbollentare le erbe per un minuto e amalgamare insieme agli altri ingredienti in un mortaio o con un mixer. Versare in un’ampia ciotola, aggiungere la pasta scolata e mescolare bene. Servire con un filo d’olio extravergine, una grattugiata di scorza di limone o parmigiano.