
Con l’inizio degli anni venti tutta l’Europa fu travolta da profondi cambiamenti sociali e politici. Il femminismo e la voglia di emancipazione misero in dubbio valori e tradizioni e la donna assunse un nuovo ruolo. Lo stesso accadde nel mondo dell’arte dove la donna non fu più solo soggetto o musa ispiratrice ma protagonista attiva. Trieste, travolta anch’essa dall’onda rivoluzionaria, diede vita a importanti artiste che, attraverso la realizzazione delle loro opere, contribuirono a lasciare un’impronta e donarono all’arte splendide opere custodite nei musei di Trieste e di tutto il mondo.
ANITA PITTONI
Poetessa del colore
Grande amica delle sorelle Wanda e Marion Wulz, la cui famiglia era titolare di un importante studio fotografico, comincia a dedicarsi fin da giovane alla tessitura. Cominciò a sperimentare inventando il “punto alto leggero a intarsio” e realizzando abiti originali e innovativi. Entra in contatto con Giò Ponti, fondatore della rivista “Domus”, mensile dedicato alle arti decorative e dell’arredamento, il quale pubblica sul suo giornale un arazzo di Anita. Conosce Bragaglia, innovatore del teatro e autore del primo film d’Avanguardia del mondo che non lesina commenti positivi sul suo operato. Nel 1930 la Pittoni debutta al Teatro Filodrammatico di Milano con i suoi costumi dall’impronta futuristica e dà il via alla sua carriera. Durante la seconda guerra il lavoro cala ma non perde la voglia di regalare un suo pensiero agli amici tra cui Umberto Saba per il quale crea un paio di guanti di lana. I suoi abiti, vere e proprie opere d’arte, sono visibili al Civico Museo di storia e patria.
Nell’immagine sotto: Anita Pittoni Modello “Selvaggio”, da spiaggia e da giardino, 1938, Juta lavorata a uncinetto, Civici Musei di Storia ed Arte, Trieste

Anita Pittoni Modello “Selvaggio”, da spiaggia e da giardino, 1938, Juta lavorata a uncinetto, Civici Musei di Storia ed Arte, Trieste
LEONOR FINI
L’italienne di Parigi
Pittrice, scenografa, costumista, scrittrice, illustratrice e disegnatrice: un vero talento del mondo artistico triestino. Nata da padre argentino e madre triestina, Lolò frequentò gli atelier più noti del ventennio triestino facendo amicizia con Arturo Nathan e Carlo Sbisà. Suo grande maestro, che influenzò la sua pittura sino al suo trasferimento a Parigi, fu Edmondo Passauro. Nella capitale francese entrò in contatto con Salvador Dalì, Max Ernst e Henri Cartier-Bresson. Stile personalissimo e poliedrico, Leonor spazia dal mosaico alla pittura e letteratura surrealista (famosissimo il dipinto Le bout du monde acquistato da Peggy Guggenheim) anche se non amava essere categorizzata e perseguiva uno stile del tutto personale e originale. Lolò fu una donna innovativa, rivoluzionaria, anticonformista, femminista e libertina che nei suoi quadri dipinse sfingi, personaggi ambigui, sensuali; Leonor fu “capace di rappresentare il femminino con una particolarissima sensibilità” scrisse su di lei Vittorio Sgarbi. Al museo Revoltella – Galleria Arte Moderna è possibile ammirare i suoi lavori.
Nell’immagine sotto: Leonor Fini Autoritratto, 1968, Civico Museo Revoltella, Trieste

Leonor Fini Autoritratto, 1968, Civico Museo Revoltella, Trieste
MIELA REINA
Genio e fantasia
La capacità narrativa e l’organizzazione degli spazi contraddistinguono l’arte pittorica di quest’artista che Gillo Dorfles definì la sola artista dell’area giuliana ad aver creato, nella breve stagione che va dagli anni Sessanta ai Settanta, un’opera non solo degna di essere ricordata e studiata, ma degna di essere considerata come una solitaria e inimitabile avventura della fantasia.
Miela Reina fu un’artista controcorrente, il cui stile è difficilmente catalogabile come pittura surrealista in quanto troppo giocosa e troppo poco morbosa come da definizione sempre di Dorfles.
Non solo pittura, ma spazio pure a teatro, decorazione, illustrazione e disegno per uno stile fuori dagli schemi. A Trieste aprì la prima galleria “La Cavana” assieme a Enzo Cogno dove promosse le nuove tendenze artistiche, l’Astrattismo e l’Informale. La sua attività proseguì nell’associazione Arte Viva, luogo di sperimentazione per le arti visive. Morì, improvvisamente a 36 anni, lasciando un vuoto incolmabile.
Nell’immagine sotto e in copertina: Miela Reina Ritratto di Chiaruttini, 1958 e Fuga in Egitto, 1961, Civico Museo Revoltella, Trieste

A sinistra e in copertina: Miela Reina Ritratto di Chiaruttini, 1958 e Fuga in Egitto, 1961, Civico Museo Revoltella, Trieste