INGLESE


Joyce raggiungerà le sponde dell’Adriatico per insegnare inglese, una delle lingue meno diffuse in città, ma altrettanto utili nell’emporio triestino.

Joyce non scelse di arrivare a Trieste, ci capitò per caso, in quella fuga dall’Irlanda che a inizi Novecento sembrava essere l’unica ancora di salvezza per una generazione che voleva lasciarsi alle spalle i postumi della Grande carestia e un cattolicesimo troppo invadente. Joyce raggiungerà le sponde dell’Adriatico per insegnare inglese, una delle lingue meno diffuse in città, ma altrettanto utili nell’emporio triestino. Il “professor Zois” ebbe tra i suoi allievi il fior fiore della borghesia e soprattutto Italo Svevo, destinato a seguire gli interessi della ditta di vernici della moglie, la celebre Veneziani, a Londra. In questo melting pot Joyce, che si era laureato in francese e italiano, riuscirà a creare un proprio linguaggio a dir poco pirotecnico, dove gli echi e le allusioni ad altre lingue si rivelano degli arcani che possono essere svelati solo dall’autore. A Trieste Joyce comincerà a scrivere “qualcosa” come disse al fratello Stanislaus (lo ricorda un’iscrizione sullo stabile di Via Bramante 4) e questo “qualcosa” sarà l’inizio di un capolavoro assoluto della letteratura moderna: Ulisse; romanzo nato a Trieste, ampliato a Zurigo e pubblicato a Parigi nel 1922.
Un po’ prima di Joyce anche Sir Richard Francis Burton, diplomatico poliglotta di Sua Maestà britannica, sostò a Trieste (1872-1890) dove si dedicò –vivendo nella dominante villa Economo di Largo Promontorio– alla traduzione de Le Mille e una notte, oltre che del Kama Sutra e dello scandaloso manuale di erotologia araba Il Giardino Profumato, che la devota e cattolica moglie Isabel Arundell distrusse immediatamente dopo la morte del marito. [FP]

Francese

Durò solo tre mesi il soggiorno a Trieste di Henry Beyle, noto ai più come Stendhal. Il letterato francese rimase in città nell’inverno del 1830-31 come diplomatico. Fu per lui un periodo nero. Seguito dalla polizia austriaca, braccato dall’odiata bora, trascurato dalle donne, Stendhal odiò tanto il cibo “selvaggio degli Unni”, quanto il carattere chiuso dei triestini, ma lodò le strade lastricate come le più belle d’Europa e descrisse Trieste come una città che prelude a quelle americane del XX secolo senza per questo tagliare i ponti con il passato. Lasciò così velocemente il porto per Civitavecchia che al suo alloggio presso l’hotel All’Aquila Nera (Corso Italia, 6) rimasero solo i calzoni peraltro non proprio puliti dopo una notte di mal di pancia.


Henry Beyle, noto ai più come Stendhal, rimase in città nell’inverno del 1830-31; un periodo nero per lui, braccato dalla polizia austriaca e dall’odiata bora.

EBRAICo

La comunità ebraica fu sempre più attenta alla cultura scientifica che alla produzione letteraria, ma monumenti come Italo Svevo (al secolo Aron Hector Schmitz) e Umberto Saba (pseudonimo di Umberto Poli) ne fecero parte, sebbene optarono in età adulta per la conversione al cattolicesimo. Sono loro le punte di diamante che per la creazione delle proprie opere si avvalsero dell’italiano.
Saba in “Avevo” –poesia citata anche nella targa posta ai piedi della sua statua in Via Dante– lo esplicita in maniera chiara: “Avevo una città bella tra i monti rocciosi e il mare luminoso; Mia perché vi nacqui, più che d’altri mia che la scopriva fanciullo, ed adulto per sempre a Italia la sposai col canto”. E come dimenticare Ida Finzi, che grazie al nome di Heydée fu una delle cronachiste più interessanti di inizio Novecento.
Saba e la Finzi riuscirono a sopravvivere al dramma delle leggi razziali e in particolare al buio periodo dell’occupazione nazista della città, quando larga parte della comunità trovò la morte nel campo di concentramento della Risiera di San Sabba.

tedesco

L’aria di questo estremo nord dell’Adriatico ispirò Rainer Maria Rilke, che tra il 1911 e il 1912 diede vita alle Elegie duinesi mentre era ospite della principessa Marie von Thurn und Taxis al Castello di Duino. Qui furono di casa Hugo von Hoffmansthal, Paul Valery, Mark Twain e Gabriele D’Annunzio, tanto per sottolineare il multiculturalismo della casata. E oggi il sentiero intitolato al poeta boemo regala gli scorci più emozionanti sul Golfo di Trieste e sul Castello di Miramare, da dove l’arciduca Massimiliano d’Asburgo a metà Ottocento scrutava l’orizzonte per ideare campagne scientifiche utili a raccogliere specie botaniche esotiche per ampliare il suo amato parco.


Oggi il sentiero intitolato al poeta boemo Rainer Maria Rilke regala gli scorci più emozionanti sul Golfo di Trieste.