
In via San Sebastiano, in una delle stradine d’accesso alla Città Vecchia, nel cuore di Trieste, s’incontra l’Oriente. Nel Palazzetto Leo, storico edificio del XVIII secolo, già proprietà della famiglia triestina dei Leo e donato nel 1954 al Comune di Trieste, si trova il Civico Museo d’Arte Orientale, il primo a Trieste, fra i primi cinque d’Italia, dedicato a questo mondo. Un piccolo grande museo, inaugurato l’8 marzo 2001, che raccoglie oggetti d’arte, di artigianato, grafiche e reperti archeologici arrivati dall’Estremo Oriente a Trieste, lungo una mai dimenticata Via della Seta, oggi alla vigilia di un nuovo vigore, che per secoli ha solcato il mare, ma non solo. Quel mare che dalla nascita del Porto Franco nel 1719, con gli splendori dell’Ottocento e con l’apertura del Canale di Suez nel 1869, ha consentito non solo di trasportare merci e persone, ma soprattutto di collegare culture.
Le navi del Lloyd Austriaco partivano da Trieste e, superato il Canale di Suez, raggiungevano le lontane coste dell’India, della Cina e del Giappone.
E non a caso il Canale di Suez fu fortemente sostenuto e voluto proprio da un uomo che a Trieste aveva radici e storia: il barone Revoltella, nominato perfino vicepresidente della Compagnia universale del Canale di Suez e di cui oggi possiamo ammirare la residenza nel museo che porta il suo nome e che è una straordinaria Galleria d’Arte Moderna.
Quattro piani di esposizioni da raggiungere attraverso le scale da fare con il naso all’insù per ammirare gli splendidi aquiloni giapponesi del XIX secolo.
È grazie a questi viaggi e al mecenatismo delle grandi famiglie nobiliari triestine di un tempo (Caccia, Currò, Morpurgo, Barzilai, Artelli, Carlo Zanella, Mario Morpurgo de Nilma, Segrè e Sartorio) che possiamo ammirare a Trieste le bellissime collezioni di abiti e tessuti in seta ricamata del tardo periodo Qing (XIX secolo), porcellane dal periodo Song (XI-XIII secolo) al tardo periodo Qing (XIX secolo), sculture e oggetti legati al Confucianesimo, Taoismo e Buddismo della Cina, oppure le porcellane e le maschere del teatro popolare kabuki o le armi e le armature giapponesi dal XV al XIX secolo, tra cui una lama semplicemente straordinaria, datata 1481.
Unica nel suo genere la collezione di stampe dell’Ukiyo-e, dipinti, lacche, specchi, netsuke e altri oggetti, assegnabili soprattutto all’età Edo o Tokugawa (1603-1868) con opere di grandi maestri dell’arte giapponese tra cui Hiroshige e Hokusai con la celeberrima Onda, che tanta influenza hanno avuto nella grafica occidentale.
Quattro piani di esposizioni da raggiungere attraverso le scale da fare con il naso all’insù per ammirare gli splendidi aquiloni giapponesi del XIX secolo dipinti ad acqua su carta, connessi alla sezione dedicata al Giappone. La loro collocazione rammenta la funzione aerea, levitante, degli aquiloni che nella tradizione giapponese sembrano ondeggiare tra la dimensione secolare mondana e quella spirituale o cerimoniale oltre a essere simbolo di divertimento per i bambini.
Immancabile la sezione dedicata alla Via della Seta. Secondo la tradizione fu Lei Zu, moglie del mitico Imperatore Giallo, a introdurre l’allevamento del baco in Cina attorno al 2500 a.C.. La produzione della sete crebbe poi rapidamente e durante i secoli di regno della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.) la fama della splendida seta ricamata raggiunse Roma diventando un mezzo di scambio.
Da quel tessuto così prezioso e ricercato, la strada carovaniera che collegava l’Oriente all’Occidente prese il nome. La Via della Seta è la più antica e storica via commerciale del mondo. Durante la Dinastia Han (206 a.C. – 220 d.C.), fino alla Dinastia Yuan (1271-1368 d.C.), ha avuto un’importanza cruciale per l’economia dell’Impero cinese, collegando via terra Europa e Asia.
E ancora oggi il suo nome evoca leggende, affascina i viaggiatori ed evoca suggestioni. Al punto che prende il nome di “Nuova Via della Seta”, la Belt and Road Initiative, il grande progetto della Cina del XXI secolo che punta a rilanciare i collegamenti infrastrutturali e commerciali d’Oriente verso l’Occidente e l’Europa. E ora, come allora, Trieste e il suo porto sono candidati a essere fra gli approdi più importanti della “Via della Seta”.
Il museo d’arte Orientale è visitabile, gratuitamente, da giovedì a domenica dalle 10 alle 17.