Una stagione di fermenti e tradizioni.

Quale altro luogo al mondo ha nella propria tradizione gastronomica sapori dell’Europa centrale, gusti mediterranei e aromi di paesi lontani? La cucina triestina, eclettica e variegata, è fatta di contrasti, e contaminazioni.
Abbiamo scelto 4 ricette di terra e di mare che rappresentano al meglio la stagione, il territorio e le nostre radici multiculturali, celebrando i produttori locali.

TAGLIATELLE FINFERLI E BRANZINO

Partiamo dal pesce, perché ottobre è mese di orate e novembre il momento migliore per i branzini. È anche la stagione dei funghi, perfetti per una ricetta mari e monti. Anche perché il mare e la montagna incorniciano la nostra città, raccontando della nostra posizione geografica: siamo nel punto più settentrionale del mediterraneo, e nelle giornate terse le Alpi paiono abbracciare il Golfo. Potete sostituire i finferli con porcini o altri funghi a vostro piacimento, così come sostituire il branzino con l’orata (comunque di stagione), in base a disponibilità.

La ricetta

400g tagliatelle fresche all’uovo (fatte in casa o comprate)
400g finferli (o porcini, o quelli disponibili di giornata)
400g branzino o orata
1 spicchio d’aglio
1 piccolo scalogno
Olio extravergine d’oliva
Qualche rametto di timo
Qualche ciuffo di prezzemolo
Un goccio di vino bianco
Sale
Pepe

Far sfilettare il pesce al pescivendolo. In una padella, scaldare due cucchiai d’olio EVO e scottare i filetti di pesce a fuoco alto un paio di minuti per lato. Levare dal fuoco e spezzettare delicatamente a tocchetti. Nella stessa padella aggiungere un altro cucchiaio d’olio EVO e soffriggere aglio e scalogno, sfumando con il vino. Poi aggiungere i funghi e stufarli fino a completa cottura e condire con sale e pepe. Aggiungere prezzemolo e timo. Cuocere le tagliatelle in abbondante acqua salata. Un minuto prima di scolarle aggiungere il branzino al sugo, che va solo scaldato e non deve cuocere troppo. Scolare le tagliatelle ben al dente. Aggiungerle al sugo con un po’ di olio EVO, un mestolo di acqua di cottura della pasta. Risottare per qualche minuto, poi guarnire con un ramoscello di timo.

CALAMARI RIPIENI

Partiamo dal pesce, perché ottobre è mese di orate e calamari, e novembre il momento migliore per i branzini. I calamari ripieni son una ricetta presente in tutto il mediterraneo, che cambia sfumature rivestendosi di sapori locali in base al luogo. A Trieste è un classico da osteria o buffet, un piatto che profuma di influenze del sud, di città di porto.

La ricetta

500g calamari
Olio extravergine d’oliva
1 spicchio d’aglio
Un ciuffo di prezzemolo
2 cucchiai pangrattato
1 uovo (tuorlo)
Sale
Pepe
Scorza di mezzo limone
Vino bianco per sfumare

Far pulire i calamari al pescivendolo, lasciando il corpo intero. Tritare aglio, prezzemolo, teste e tentacoli dei calamari. In una padella scaldare due cucchiai d’olio EVO e soffriggere l’aglio. Poi aggiungere il pangrattato, il trito di calamari, metà del prezzemolo, sale e pepe. Soffriggere per qualche minuto e sfumare con il vino. Spegnere e far raffreddare. Aggiungere un tuorlo e la scorza di mezzo limone e mescolare bene. Riempire i corpi dei calamari con l’impasto senza esagerare e saldarne l’apertura con uno stuzzicadenti. I calamari si possono grigliare, infornare con un po’ di olio EVO o fare in umido in una casseruola, sempre con un po’ d’olio EVO e vino bianco.

‘Capuzi garbi’ e salsicce

I capuzi garbi sono un emblema della nostra cultura gastronomica. Figurano nel piatto che probabilmente meglio rappresenta la tradizione triestina, la Jota (celebrata nel numero 4 di IES), e accompagnano svariati piatti a base di carne. Da generazioni però siamo abituati a comprarli inscatolati e pronti, con ancora qualche azienda agricola che li prepara e vende sfusi. Ma perché non provare a farli in casa? Fermentare i cibi per preservarli e renderli più digeribili e nutrienti è una pratica antica quanto l’umanità. Sono notoriamente cibi sani, ricchi di probiotici naturali.
Alcuni dei cibi che amiamo e consumiamo quotidianamente, spesso senza nemmeno saperlo, sono fermentati: caffè, cioccolato, vino, birra, pane, formaggi. E finalmente c’è un rinascimento, con realtà che stanno riprendendo l’arte della fermentazione naturale come Intro Kombucha, e chef come Antonia Klugmann e Ana Roš che propongono proprie fermentazioni nei loro menu.
Fermentare il cavolo cappuccio in casa è davvero facile, e anche divertente. Basta un po’ di pazienza, da 1 a 4 settimane circa, in base al vostro gusto per l’acido. Con i primi freddi in Carso, tra l’altro, arriva il momento della maialatura, e i capuzi vanno a nozze con le ricette di carne di maiale fresca o affumicata. Noi ve li proponiamo con salsiccia, kren (rafano) e senape.

La ricetta

2kg cavolo cappuccio bianco
45ml di sale marino (di Pirano)
1 vaso in ceramica o vetro, capienza da 4lt circa

Olio EVO (la tradizione vorrebbe lo strutto)
1 cucchiaio kümmel (cumino dei prati)
2 spicchi aglio
Un goccio di vino bianco
2 foglie alloro
4 salsicce fresche
Sale
Pepe

2kg / 4.5lb green cabbage
45ml / 1.5oz Piran sea salt
1 ceramic or glass vase (ca. 4lt / 1gal capacity)

Tagliare finemente il cavolo, cospargere di sale, mescolare bene. Il sale per osmosi estrae l’acqua dal cavolo creando la propria salamoia naturale. Mettere il cavolo nel vaso, schiacciare con forza e coprire con un piatto o coperchio che possa entrare nel vaso ed appoggiarsi sul cavolo. Porre sul piatto un peso (una brocca d’acqua ad esempio). Coprire il tutto con uno strofinaccio. Il peso spurgherà l’acqua dal cavolo, tenendolo sommerso nella salamoia. Nelle prime 24 ore controllare ogni 2 ore circa (o quando possibile…) premendo per assicurarsi che il cavolo sia ben sommerso. È possibile aggiungere una salamoia (250ml di acqua + 15ml di sale) se ciò non dovesse succedere. A questo punto lasciar fermentare in un luogo fresco e indisturbato, controllando ogni due giorni circa e premendo sul peso per assicurare la compattezza. Già dopo quattro giorni potrete assaggiarli e notare un inacidimento. Saranno pronti dopo 7-28 giorni (più fermentano più si insaporiscono), pronti per essere conservati in frigo ed utilizzati all’evenienza. Possono essere mangiati crudi sfruttando al massimo le proprietà benefiche, quasi fossero una medicina (bevete anche il succo) o cotti in ‘tecia’. A questo punto siete pronti per prepararli con la salsiccia.
In una teglia, soffriggere nell’olio EVO o strutto l’aglio schiacciato intero ed i semi di kümmel. Sfumare con il vino. Poi aggiungere 500g di capuzi garbi, alloro e 400ml di acqua. Stufare per due ore circa. A metà cottura aggiungere le salsicce e cuocere insieme. Servire con il kren (rafano) fresco, grattugiato e la senape.

‘Gnochi de susini’

Siamo alle ultimissime susine, ma i più accorti le avranno tagliate, denocciolate e messe nel surgelatore per godere di questo piatto durante tutti i mesi invernali. Gli “gnochi de susini” rappresentano meravigliosamente il nostro passato austroungarico, la tendenza di usare la frutta in piatti anche salati e l’utilizzo della cannella: sono profumi d’oriente. Possono essere consumati come un primo, assieme a pietanze di selvaggina, oppure come un ottimo dolce.

La ricetta

1kg patate (pasta bianca) idealmente vecchie
1 uovo
250g farina ‘00’ (massimo)
Sale
1kg susine (25-30 circa)
150g zucchero
100g burro
50g Pangrattato
2 cucchiaini cannella

Preparazione
Cuocere le patate con la buccia in acqua bollente salata per circa 30-40 minuti (in base a dimensione). Pelare e schiacciare finché calde, raffreddare sul piano di lavoro. Aggiungere uovo, farina (meglio se ne bastano 200g) ed un pizzico di sale. Amalgamare gli ingredienti delicatamente senza lavorare troppo l’impasto. Aiutandovi con la farina, prelevare una parte dell’impasto e stenderlo con le punte delle dita per ottenere dei filoni. Tagliare a tocchetti (circa 50g l’uno, più o meno grandi come un uovo). A parte, tagliare le susine a metà, denocciolarle e al posto del nocciolo mettere un cucchiaino di zucchero. Appiattire i tocchetti di impasto, inserire una susina ed avvolgere con l’impasto, chiudendo bene formando una palla liscia. Cuocere in acqua bollente salata per qualche minuto, quando salgono a galla, cucinare per altri due minuti. Scolare delicatamente con una schiumarola.
A parte, preparare il condimento: in una padella fondere il burro, aggiungere 50g di zucchero, il pangrattato e la cannella, far rosolare per circa 3 minuti. Versare sugli gnocchi bollenti, e servire..